segunda-feira, 30 de novembro de 2009
Eclesiastes3:1-8
sexta-feira, 27 de novembro de 2009
ESCRITO POR REGINA BRETT, 90 ANOS, CLEAVELAND, OHIO.
É a coluna mais requisitada que eu já escrevi. Meu taxímetro chegou aos 90 em agosto, então, aqui está a coluna, mais uma vez:
1. A vida não é justa, mas ainda é boa...
2.Quando estiver em dúvida, apenas dê o próximo pequeno passo.
3. A vida é muito curta para perdermos tempo odiando alguém.
4. Seu trabalho não vai cuidar de você quando você adoecer. Seus amigos e seus pais vão. Mantenha contato.
5. Pague suas faturas de cartão de crédito todo mês.
6. Você não tem que vencer todo argumento. Concorde para discordar.
7. Chore com alguém. É mais curador do que chorar sozinho.
8. Está tudo bem em ficar bravo com Deus. Ele agüenta.
9. Poupe para a aposentadoria, começando com seu primeiro salário.
10. Quando se trata de chocolate, resistência é em vão.
11. Sele a paz com seu passado, para que ele não estrague seu presente.
12. Está tudo bem em seus filhos te verem chorar.
13. Não compare sua vida com a dos outros. Você não tem idéia do que se trata a jornada deles.
14. Se um relacionamento tem que ser um segredo, você não deveria estar nele.
15 Tudo pode mudar num piscar de olhos; mas não se preocupe, Deus nunca pisca.
16. Respire bem fundo... Isso acalma a mente.
17. Se desfaça de tudo que não é útil, bonito e prazeroso.
18. O que não te mata, realmente te torna mais forte.
19. Nunca é tarde demais para se ter uma infância feliz. Mas a segunda só depende de você.
20. Quando se trata de ir atrás do que você ama na vida, não aceite "não" como resposta.
21. Acenda velas, coloque os lençóis bonitos, use a lingerie elegante. Não guarde. Use!
22. Se prepare bastante; depois, se deixe levar pela maré...
23. Seja excêntrico agora, não espere ficar velho para usar roxo.
24. O órgão sexual mais importante é o cérebro.
25. Ninguém é responsável pela sua felicidade, além de você.
26. Encare cada "chamado" desastre com essas palavras: Em cinco anos, vai importar?
27. Sempre escolha a vida.
28. Perdoe tudo de todos.
29. O que outras pessoas pensam de você não é da sua conta.
30. O tempo cura quase tudo. Dê tempo.
31. Independentemente de a situação ser boa ou ruim, irá mudar.
32. Não se leve tão a sério. Ninguém mais leva...
33. Acredite em milagres.
34. Deus te ama por causa de quem Ele é, não pelo que vc fez ou deixou de fazer.
35. Não faça auditoria de sua vida. Apareça e faça o melhor dela agora.
36. Envelhecer é melhor do que morrer jovem.
37. Seus filhos só têm uma infância.
38. Tudo o que realmente importa, no final, é que você amou.
39. Vá para a rua todo dia. Milagres estão esperando em todos os lugares.
40. Se todos jogássemos nossos problemas em uma pilha e víssemos os de todo mundo, pegaríamos os nossos de volta.
41. Inveja é perda de tempo. Você já tem tudo o que precisa.
42. O melhor está por vir.
43. Não importa como vc se sinta, levante, se vista e apareça.
44. Produza.
45. A vida não vem embrulhada em um laço, mas ainda é um presente.
Elisione e Troncamento (TRECCANI)
Non sappiamo bene a quale dimensione temporale ci si riferisca quando ci si chiede perché "ora" si prediliga la forma qual è. Sta di fatto che in italiano questa è la forma corretta, poiché non siamo in presenza di elisione (cioè della perdita della vocale finale non accentata di una parola davanti alla vocale iniziale della parola seguente), normalmente segnalata dall'apostrofo nella lingua scritta, bensì di troncamento o apocope. Il troncamento consiste nella caduta di un elemento fonico in fine di parola, indipendentemente da come cominci quella successiva, e può essere o non essere segnalato dall'apostrofo (la situazione varia da parola a parola sottoposta a troncamento). Ci può essere troncamento di una sillaba (grande / gran) o di una vocale (signore / signor). Ci sono casi di troncamento facoltativi, altri obbligatori. Perché si possa avere l'apocope vocalica devono essere soddisfatte alcune condizioni: 1. La vocale interessata deve essere atona e diversa da a (come nel caso di quale), anche se la i e la e non sono soggetti a troncamento quando contrassegnano una forma plurale (non si può dire o scrivere *i buon padri o le buon madri); 2. La consonante che precede la vocale finale deve essere l (come nel caso di quale), r, n o m.
terça-feira, 24 de novembro de 2009
Dell'uso degli ausiliari
L’uso degli ausiliari “essere” o “avere” in alcuni casi mi risulta poco chiaro. È più corretto dire «l’aereo era decollato» oppure «aveva decollato»? «Non eravamo potuti venire» o «non avevamo potuto venire»? E perché il participio passato viene accordato così liberamente? Inoltre: «ho mangiato una mela» o «mi sono mangiato una mela»? -->
Luana Torchia
1) L’uso degli ausiliari “essere” e “avere” in alcuni casi, cioè con i verbi intransitivi (tipici i verbi che indicano movimento, come decollare, per l’appunto) e con i cosiddetti verbi meteorologici (piovere, grandinare, nevicare, ecc.) è oscillante (la lingua non è un teorema matematico) e, nei casi dubbi, è consigliabile ricorrere a una buona grammatica o al vocabolario.
2) Avere/essere in presenza di verbi servili + infinito. La questione dell’ausiliare richiesto da un verbo servile (potere, dovere, volere, sapere ‘essere in grado di, avere la capacità di’) è regolata dalla norma grammaticale. Secondo tale norma, l’ausiliare è quello proprio dell’infinito: «ho dovuto fare» perché si dice «ho fatto», «ho potuto rispondere» perché si dice «ho risposto» e via dicendo; viceversa, «non sono potuto venire/uscire/partire ecc.» perché si dice «non sono venuto/uscito/partito».
La norma prevede la possibilità di una deroga. Si può cioè usare l’ausiliare avere se il verbo retto è intransitivo: «ho dovuto venire/uscire/partire ecc.» è ammissibile quanto «sono dovuto venire/uscire/partire».
Luana Torchia
1) L’uso degli ausiliari “essere” e “avere” in alcuni casi, cioè con i verbi intransitivi (tipici i verbi che indicano movimento, come decollare, per l’appunto) e con i cosiddetti verbi meteorologici (piovere, grandinare, nevicare, ecc.) è oscillante (la lingua non è un teorema matematico) e, nei casi dubbi, è consigliabile ricorrere a una buona grammatica o al vocabolario.
2) Avere/essere in presenza di verbi servili + infinito. La questione dell’ausiliare richiesto da un verbo servile (potere, dovere, volere, sapere ‘essere in grado di, avere la capacità di’) è regolata dalla norma grammaticale. Secondo tale norma, l’ausiliare è quello proprio dell’infinito: «ho dovuto fare» perché si dice «ho fatto», «ho potuto rispondere» perché si dice «ho risposto» e via dicendo; viceversa, «non sono potuto venire/uscire/partire ecc.» perché si dice «non sono venuto/uscito/partito».
La norma prevede la possibilità di una deroga. Si può cioè usare l’ausiliare avere se il verbo retto è intransitivo: «ho dovuto venire/uscire/partire ecc.» è ammissibile quanto «sono dovuto venire/uscire/partire». Luca Serianni, nella sua preziosa Prima lezione di grammatica (Laterza, 2006), ci ricorda che Luciano Satta aveva già raccolto, in Matita rossa e blu (Bompiani, 1989), numerosi esempi tratti da valenti scrittori italiani (Maraini, Citati, Magris, Eco, La Capria) che documentavano l’uso dell’ausiliare avere (per il servile) con verbi intransitivi. Inoltre, se l’infinito è essere, l’ausiliare del verbo servile è avere («avrebbe potuto essere il migliore»). In caso di infinito passivo, l’ausiliare è quello proprio dei verbi transitivi, cioè avere («avrebbe dovuto essere lodato»).
L’uso di avere se il verbo retto è intransitivo si sta allargando. Serianni spiega questa linea di tendenza con ragioni di economia linguistica in via di affermazione: 1. l’uso di avere consente di eliminare la preoccupazione per l’accordo: «le ragazze sarebbero dovute partire» / «le ragazze avrebbero dovuto partire»; 2. il verbo servile, se usato da solo, vuole l’ausiliare avere e tende a imporre questa scelta anche quando regge un infinito: «hanno provato a uscire prima, ma non hanno potuto», da cui la propensione a dire «non hanno potuto uscire prima»; 3. l’ausiliare avere è già obbligatorio nel caso in cui con l’infinito si combini un pronome atono: «non ho potuto venirci»; se invece il pronome atono viene prima delle forme verbali, si ricade nella regola generale che impone essere: «non ci sono potuto venire».
3) In realtà il participio non viene «accordato così liberamente». Ecco i cinque casi di accordo.a. Accordo del participio di un verbo composto con l’ausiliare avere, in presenza di complemento oggetto posposto. «Ho mangiato pietanze saporite» / «Ho mangiate pietanze saporite». Molto più frequente e dunque consigliabile la prima soluzione.b. Accordo del participio di un verbo composto con l’ausiliare avere, in presenza di oggetto anteposto, quando l’oggetto sia costituito da un pronome personale o relativo. «Vi ha salutato» / «Vi ha salutati»; «La macchina che ho venduto» / «La macchina che ho venduta». c. Accordo del participio di essere o di un verbo copulativo col soggetto, con il nome del predicato o con il complemento predicativo. «Lo stratagemma è stato, è risultato una banalità» / «Lo stratagemma è stata, è risultata una banalità».d. Accordo del participio di un verbo pronominale con il soggetto o con il complemento oggetto, anteposto o posposto. «La decisione che ci siamo imposti (o imposte, se il soggetto è di genere femminile)» / «La decisione che ci siamo imposta».e. In rapporto al genere, maschile o femminile, accordo della forma verbale composta con il pronome allocutivo lei o ella riferito a un uomo. «Lei (o ella), dottor Bianchi, è stato invitato formalmente alla riunione» / «Lei, dottor Bianchi, è stata invitata formalmente alla riunione».Chiarito il punto a, si dirà che nei casi b, c e d la lingua italiana ha sempre offerto la coesistenza delle due possibilità, le quali, dunque, vanno considerate entrambe legittime. Nel caso presentato al punto e, si osserverà che il riferimento al genere naturale è molto forte, quasi cogente, con gli aggettivi: impossibile pensare a una soluzione del tipo «Lei, dottor Bianchi, non è attenta». In una comunicazione scritta caratterizzata da un alto tasso di formalità, può essere ammissibile o, perfino, opportuno ricorrere all’accordo al femminile, in presenza di forma verbale composta; in questo caso, però, il registro formale dovrebbe essere confermato da altri segnali, quali l’uso dell’allocutivo ella in luogo di lei e l’adozione delle maiuscole reverenziali, sia in principio sia all’interno di parola (Ella avrà la pazienza di rispondere; in attesa di un Suo gentile riscontro; nel ricordarLe gli impegni assunti).
4) Ho mangiato una mela/Mi sono mangiato una mela. In realtà, qui è in gioco l’uso dei pronomi personali atoni con funzione affettivo-intensiva, quando cioè si vuole porre in evidenza la partecipazione personale, spesso emotivamente marcata, del soggetto all’azione. In questi casi altre lingue, specialmente le antiche (il greco, per esempio) avrebbero fatto ricorso alla diatesi media del verbo, che l’italiano invece non possiede: ecco perché ricorre a tale uso marcato dei pronomi personali atoni (uso che mette nei guai molti studenti, quando si tratta di distinguere tra riflessivi, riflessivi apparenti e, appunto, usi transitivi con pronomi affettivi). Quest’uso è molto esteso nel Centro e nel Meridione d’Italia («mi faccio una bella passeggiata», «ci siamo fumati tranquillamente una sigaretta», ecc.), ma si sta diffondendo e viene accettato anche nel resto del Paese. In ogni caso, da sempre gli italiani di tutte le latitudini fanno ricorso al pronome intensivo-affettivo quando si tratta di riferirsi al corpo del soggetto: «non ti mordere le unghie», «si gratta sempre la testa», «soffiatevi il naso». L’uso del pronome atono con funzione intensivo-affettiva si estende anche ad attività inerenti l’organismo umano («asciugarsi il sudore») e ai nomi di vestiario («mettiti la sciarpa», «entrati, si tolsero il cappello»).
quarta-feira, 18 de novembro de 2009
Alda Merini
segunda-feira, 16 de novembro de 2009
Perguntei a um sábio (William Shakespeare )
sábado, 14 de novembro de 2009
L'Importanza dei carboidrati sull'umore ( LA STAMPA)
'
Dieta povera di carboidrati rende tristi
ROMA - Il sospetto c'era già: se si mangia meno pasta, si vede nero; uno studio australiano ha ora confermato che una dieta povera di carboidrati (pasta, pane) e ricca di grassi, protratta per almeno un anno, provoca ansia e depressione, perché isola socialmente e diminuisce la produzione di serotonina nel cervello, una sostanza che ha effetti benefici sull'umore. Lo studio 'Effetti sull'umore e sulla memoria di diete con pochi carboidrati o pochi grassì, condotto da un gruppo di esperti guidati da Grant Brinkworth del Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization-Food and Nutritional Sciences, è stato pubblicato sulla rivista Archives of Internal Medicine. I ricercatori hanno monitorato 122 partecipanti, sovrappeso e obesi, di età compresa tra i 24 e i 64 anni per 52 settimane, prescrivendo a un primo gruppo una dieta composta da una percentuale molto alta di grassi (61%) e bassa di carboidrati (4%), pari a una quantità di 40 grammi al giorno. Il regime dietetico del secondo gruppo, invece, era basato per il 46% di carboidrati e il 30% del totale di grassi, con una restrizione fino a 10 grammi al giorno per i grassi saturi. Entrambi i gruppi, sottoposti a vari test cognitivi e dell'umore, hanno dimostrato un miglioramento psicologico e della memoria a soli due mesi dall'inizio della dieta. La differenza è, invece, emersa sul lungo periodo: dopo un anno chi era stato messo a 'stecchetto' di carboidrati ha provato infelicità, depressione e ansia. Il livello della memoria e il peso corporeo migliorano ma in pari misura nei due gruppi, entrambi più veloci nel ricordare e dimagriti di 13 chilogrammi.
quinta-feira, 12 de novembro de 2009
Il dialetto "Romanaccio" de Roma
'N SORISO
Che me costava 'n soriso ieri, sulla porta
quanno tu, delicata e ingenua,
m'hai comprato le MS senza filtro
'nvece de le Marlboro?
Che me costava 'n soriso all'incrocio
quanno 'na vecchietta bacucca
m'ha attraversato cor rosso
e m'è toccato inchioda' de brutto?
Che me costava 'n soriso alla cassiera der supermercato
quanno stavo a pagà,
dopo che pe' dimme du'euri
m'ha sputato sui facioli e sulli pommodori?
'N soriso, dimoselo,
nun se fa fatica a fa 'nsoriso
e stasera, quanno magnerò le pasta scotta
penzando che l'hai fatta colle mani tue dorci e delicate,
che me costerebbe fatte 'n soriso?
E ar collega mio che la matina arriva tardi
e nun fa un cazzo tutto er giorno,
che me costerebbe a faje 'n soriso?
E anche a sto stronzo puzzolente
che me stà a pistà er calletto de continuo
mentre sto su 'a metro
de ritorno stanco morto de lavoro,
nun me costerebbe gniente faje 'n soriso.
Come pure ar capoufficio
che rompe li cojoni de continuo,
che me costerebbe faje 'n soriso?
Certo nun me costerebbe proprio niente..... .....
Ma...
perchè... ...
se li mannassi AFFANCULO
me costerebbe quarche cosa?????
segunda-feira, 2 de novembro de 2009
Sobre Música Na Aprendizagem Escrito por Luciana DO Rocio
No ensino a música na sala de aula é utilizada desde os antigos gregos e esta prática faz sucesso , atualmente , nos cursinhos de pré – vestibular . Porém é preciso recordar que esta aprendizagem através de canções não é só privilégio dos vestibulandos .
Quando eu era estudante , em 1982 na época em que Plutão era planeta , a professora utilizou um samba para que os alunos memorizassem os nomes dos planetas . Na letra desta canção havia as iniciais deles . O samba era este : Minha velha , traga meu jantar : sopa , uvas , nozes e pão . A primeira letra “ m “ da palavra “ minha “ equivalia ao planeta Mercúrio ; a letra “v” de velha lembrava Vênus ; A letra “t” de traga recordava Terra ; o “m” de minha equivalia a Marte ; “j” de jantar lembrava Júpiter ; o “s” de sopa recordava Saturno ; o “u” de uvas equivalia a Urano ; o “n” recordava Netuno e “p” de pão saudava o nosso saudoso Plutão . Quando a mestra cantou esta canção na sala de aula todos os estudantes aprenderam os nomes dos planetas em menos de três minutos .
Outra aula inesquecível com música , foi em 1985 na minha quinta série , quando a professora Lourdes de Língua Portuguesa chegou em sala de aula e exclamou :
- Ensinarei os advérbios para vocês através de uma música !
Então ela começou a cantar e a escrever , estes advérbios em ritmo de rock : a , ante , até , após , de , desde , para , per , perante , por , ante e trás .
Assim a mestra disse :
- Vamos cantar de novo !
Porque Aprender Italiano?
Habilidades comunicativas: em muitas carreiras nota-se o benefício de comunicar-se com Italianos natos. Em qualquer área da administração é sempre bom falar a língua do seu cliente. Empregos em empresas: No mundo todo, as empresas têm precisado se globalizar, conhecimento da língua Italiana é um diferencial importante na hora de procurar um emprego.
Empregos no governo: nas áreas de diplomacia e comércio exterior, o governo federal está sempre procurando pessoas qualificadas com habilidade de língua Italiana. Pesquisa: não importa a área de especialização, conhecimento de Italiano é necessário muitas vezes para fazer pesquisas acadêmicas, administrativas ou pesquisas sociais. Arte e cultura: não importa quão boa é a tradução, inevitavelmente alguma coisa se perde no processo. Portanto, para beneficiar-se da riqueza do teatro, literatura, opera, filmes, conhecimento da língua é essencial. Outros aspectos da cultura Italiana apenas podem ser apreciados por aqueles que entendem e falam Italiano.