quarta-feira, 28 de abril de 2010

I giovani si esprimono


"Bella France', ci becchiamo retard. Vedi di non darmi 'na sòla". "Tranquo, ci sarò". Versione in "giovanilese" di uno specime di conversazione tra due giovani romani, che in italiano colloquiale suonerebbe così: "Ciao, Francesco, ci vediamo più tardi. Cerca di non darmi una fregatura"; "Sta' tranquillo, ci sarò". Ecco dunque il giocoso ed espressivo linguaggio giovanile: anzi, ecco i linguaggi giovanili, vista l'estrema variabilità interna di un modo di adoperare, trasformare, in parte anche innovare la lingua italiana, che è proprio delle nuove generazioni, di quelli cioè che hanno grossomodo tra i 14 e i 25 anni di età; il linguaggio giovanile (LG, d'ora in poi), mobile insieme comunicativo e linguistico che, variando da regione a regione, da strato sociale a strato sociale, da periodo storico a periodo storico, pure mostra una serie di caratteri che lo individuano, da una quarantina d'anni a questa parte - dicono gli studiosi della lingua italiana -, come una varietà sostanzialmente diafasica della lingua nazionale, prodotta dai parlanti giovani in contrasto intenzionale con la lingua comune, in modo da garantire una visibile marcatezza linguistica. Varietà diafasica significa, in soldoni, varietà di registro, che si dispone all'altezza della massima informalità possibile lungo l'asse che è delimitato dai due estremi della massima formalità e della massima informalità.

Non è un gergo
I giovani parlano tra di loro, adoperando un certo lessico e certe locuzioni che escludono dalla comprensione immediata gli adulti. Siamo in presenza di un gergo? No, perché i gerghi tradizionali (che fossero di mestiere o esprimessero condizioni sociali o situazionali determinate) erano di diffusione circoscritta (il gergo di caserma) o volutamente criptici (il gergo della malavita, quello dei carcerati), mentre il moderno LG, pur esibendo tutt'intera la voglia di suonare differente rispetto allo standard, desidera la relazione con la lingua comune, prima di tutto perché i giovani, più che separarsi e isolarsi dalla società, intendono distinguersene e in qualche modo emergervi, in secondo luogo perché la lingua dei giovani presuppone come acquisita e padroneggiata la stessa lingua nazionale dell'uso medio acquisita e padroneggiata dalla gran massa degli italiani. Una lingua siffatta, parlata e scritta con sufficiente o buon grado di competenza attiva e passiva da una gran parte della popolazione, è realtà storica, ancora in progress, relativamente recente, rispetto all'italiano postunitario fino all'avvento della televisione, scritto bene da pochi e insidiato dal dialetto nel parlato, specialmente il parlato degli usi familiari e delle situazioni comunicative non formali.

Una strana relazione edipica
Il LG non si limita, come detto, a presupporre il grande bacino della lingua comune, ma altresì pungola quest'ultima e la provoca e vuole darci di cozzo dall'interno; caso mai, ambisce a distinguersi per vivacità, espressività e ironia. Come a dire: sei mia madre, una madre finalmente piuttosto sicura di sé, e io sono tuo figlio, ma ti dimostro che sono più intelligente, più aggressivo, più ambizioso, più vero di te, che già ti adagi nella stereotipia di convenzioni linguistiche ricalcate su usurate convenzioni sociali. Insomma, il moderno LG si può pensare soltanto in termini di ossimoro come controparte di un tutto nel quale la parte è integrata; e, ancora in termini di ossimoro, come una modalità comunicativa fluttuante e dinamica che, tanto più aspira a giocare a tutto campo per assumere diffusione interregionale, omogenea sul territorio nazionale, tanto più, necessariamente, tende a perdere in termini di espressività, facilitando, tra l'altro, il travaso di lessico e locuzioni, metaforizzati, nella lingua colloquiale comune (pensiamo, per esempio, a certo lessico preso dal linguaggio della droga – sballo, sballato, fuori di testa, coatto –, ormai moneta corrente anche nell'interscambio linguistico colloquiale tra parlanti adulti). Insomma, il LG più cresce e, di là dalle proprie intenzioni dichiarate di specificità, più torna alla madre: per dare, questa volta, invece che per ricevere.

Dal peer-group all'italiano colloquiale
La relazione proporzionalmente inversa tra "grado di espressività e diffusione dei singoli modi di dire" è stata ben messa in luce da Giuseppe Antonelli (A proposito della neodialettalità metropolitana: un'inchiseta pilota sul linguaggio giovanile romano, in Roma e il suo dialetto: Lingua, dialetto e società, a cura di M. Dardano, P. D'Achille, C. Giovanardi, A.G. Mocciaro, Bulzoni, Roma 1999). Il massimo di espressività e il minimo di diffusione si hanno nell'ambito dello scambio comunicativo tra membri di un solo peer-group. Tipico il caso di parole ed espressioni coniate dagli studenti della stessa classe o dello stesso istituto. Fare l'Homer 'non mantenere le promesse fatte ai propri figli', con riferimento ai genitori di sesso maschile, rimanda alla figura di Homer Simpson, personaggio dei fumetti e dei cartoni animati capostipite di una famiglia borghese statunitense (i Simpson, eponimi di una nota serie televisiva molto amata dai giovani) ritratta con ironia, talvolta con sarcasmo, in tutte le sue idiosincrasie e contraddizioni. La locuzione, molto espressiva, è usata dagli studenti della terza F della scuola media inferiore Alessandro Severo di Roma e, a quanto mi risulta, è ignota altrove e dunque altrove, tra coetanei, sarà di non facile decrittazione, anche se la comune esperienza di teleutenti e appassionati del cartone permetterebbe forse qualche azzardo inferenziale. Spostandoci dal microletto del peer-group all'estremo delle parole o delle espressioni che hanno diffusione panitaliana, ci si rende conto che queste, proprio in virtù della loro diffusione, hanno diluito largamente la propria consistenza semantica ed espressiva originaria: nate nell'ambito del LG, hanno perso la loro identità generazionale e si sono amalgamate nel linguaggio colloquiale e familiare, diventando un patrimonio dei parlanti di ogni età. Il percorso diacronico compiuto fa sentire ai più giovani queste voci come reperti archeolinguistici: Antonelli cita termini come gasato 'vanitoso, euforico, esaltato', imbranato, pomiciare, sballo.

Consumo e consumismo linguistico
Per concludere, andrà notato come il LG non soltanto sia caratterizzato dalla rapidissima usura e dall'altrettanto rapido ricambio del proprio bagaglio lessicale, ma venga anche percepito soggettivamente dai giovani stessi come flusso continuo, produttore di strumenti comunicativi ed espressivi realizzati just in time e destinati a funzionare per il breve lasso di tempo in cui la fosforica euforia verbale di una leva anagrafica ha la ventura di esprimersi attraversando gli anni della gioventù. Per chi viene dopo, la maggioranza di quelle parole non cade nel completo oblio, ma è sentita come completamente obsoleta. Per la minor parte di quelle parole, c'è la cooptazione da parte della "madre". Ma, in questo caso, la parola torna, se non agli adulti, certamente tra gli adulti.

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